
Alle persone più ricche del mondo quanto sta a cuore la salvezza del pianeta? Quali sono le azioni concrete che, attraverso l’influenza delle loro aziende, hanno deciso di mettere in atto per combattere il cambiamento climatico? Tale élite ha davvero un peso maggiore in termini di emissione di gas serra?
La persona più ricca del mondo, Jeff Bezos ha mostrato il suo impegno nei confronti dell’emergenza climatica lanciando il Climate Pledge di Amazon, che mira a raggiungere zero emissioni nette di carbonio entro il 2040 e afferma di essere il più grande compratore di energia rinnovabile del mondo, con l’obiettivo entro il 2030 di utilizzare 100mila veicoli elettrici e il supporto alle tecnologie per la riduzione delle emissioni di carbonio nel cloud computing.
Bernard Arnault, padre di un impero di 75 brand che va da Louis Vuitton a Givenchy e comprende gioielleria, moda, bevande e cosmetica, parla di sostenibilità attraverso il suo programma “Lvmh Intiatives For the Environment (Life)” o “Life 360”. Lo scopo è il raggiungimento del 100% di utilizzo di energie rinnovabili e l’eliminazione della plastica vergine di origine fossile per i suoi imballaggi entro il 2026.
Tra i miliardari più attivi in tema di cambiamenti climatici, Bill Gates mira a far diventare Microsoft carbon negative entro il 2030 e quindi auspicando di arrivare a rimuovere più carbonio dall’atmosfera di quanto ne crei l’azienda.
Esempi come questi mostrano prese di posizione importanti e spesso obiettivi talmente grandi quanto irraggiungibili. Quasi tutte le multinazionali hanno messo su carta cosa intendono fare per ridurre le emissioni di gas serra, promesse che almeno per ora sembrano solo promesse e trovano il loro unico compimento nell’elaborazione testuale all’interno dei documenti.
Sul tema dell’emergenza climatica e della salvezza del pianeta non si dovrebbe scherzare e enfatizzare i propri sforzi o peggio porsi traguardi palesemente irraggiungibili e intraprendere strade chiaramente poco affidabili, non serve a nulla se non ad abbassare la propria credibilità.
Secondo uno studio del New Climate Institute, un’organizzazione tedesca che promuove azioni contro il surriscaldamento globale, molte aziende non fanno abbastanza per realizzare gli obiettivi sul clima che si sono date. I ricercatori hanno analizzato i piani di 25 multinazionali che si sono impegnate ad azzerare le loro emissioni, le quali nel 2019 rappresentavano il 5% delle emissioni globali.
Ecco spiegato il fenomeno del greenwashing: un ecologismo solo apparente a fini di marketing, una patina green per compiacere i propri clienti, quando invece, nella pratica, fanno poco o nulla per ridurre gli impatti negativi sull’ambiente delle loro produzioni.
Cosa possono fare queste aziende per mostrare la loro attenzione alla sostenibilità e alla riduzione dell’impatto ambientale senza perdere la loro credibilità?
Partendo dalle loro sedi operative e dal contesto in cui si inseriscono potrebbero sfruttare le superfici che occupano in modo funzionale per la salute e per il benessere ambientale e delle comunità locali. Agritettura persegue da tempo l’obiettivo di riqualificare i luoghi ad alto impatto ambientale grazie a progettazioni specifiche, in grado di produrre benefici tangibili in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Il fine ultimo è quello di dimostrare che qualsiasi azienda può intraprendere azioni realmente utili. Come? Attraverso strategie di sviluppo che portano all'efficientamento dei processi produttivi e, allo stesso tempo, alla compensazione del loro impatto ambientale, grazie ad esempio a progettazioni funzionali alla rigenerazione dei loro contesti di inserimento.