
Il marchio Britannico TESCO, da oltre 10 anni, denuncia lo spreco alimentare generato dalla lunga filiera della distribuzione alimentare soprattutto in merito alla categoria più debole dei prodotti freschi ortofrutticoli, avvalendosi di report e ricerche sviluppate per sensibilizzare in merito alla tanto delicata tematica.
Come emerge dalla ricerca zero waste realizzata da Tesco già a Ottobre del 2013, nel settore ortofrutticolo,due terzi di quello che si produceva andava perso lungo la filiera con valori vicini ai 60.000 tonnellate di cibo: e ad oggi i dati sono purtroppo in continuo aumento.
Le soluzioni adottate dalla catena di distribuzione nel corso degli ultimi anni sono state molteplici, dall’annullamento delle promozioni sugli acquisti multipli fino al miglioramento dei sistemi di refrigeramento, ma il problema continua a persistere per via del fatto che la percentuale più ampia di spreco avviene ancor prima di giungere sui nostri scaffali, ovvero nella fase logistica al cui vertice troviamo al vertice la frutta (40%) e le carni (20%).
Il dato maggiormente preoccupate è però quello riferito alle insalate di IV gamma, ovvero le imbustate, di cui ben il 65% delle confezioni presenti sugli scaffali dei punti vendita finisce tra i rifiuti e il 30% di esse viene gettato in casa.
Esempi di questo tipo, che nel Regno Unito ogni anno riescono ad incidere dello 0,04% di spreco del paese dimostrano come il cambiamento deve partire dall’interno e Tesco in primis cerca di abbattere lo spreco e sensibilizzare in merito.
Le soluzioni adottate dalla compagnia britannica nell’ultimo decennio hanno già dato qualche piccolo frutto, ma la vera soluzione risiede un differente meccanismo di vendita.
La filiera della grande distribuzione dovrebbe interessare categorie alimentari non facilmente deperibili e lasciare alla filiera corta il compito della distribuzione dei freschi, limitando lo spreco e garantendo qualità nettamente superiori.
Il problema dello spreco alimentare attanaglia sempre di più le economie globali interponendosi in modo paradossale al problema della fame e della malnutrizione nel mondo, ed è giunto il momento di fare qualcosa.
L’emergenza Covid appena attraversata ha dimostrato come il comparto agricolo per ovvie necessità è in grado di soddisfare la domanda ma perfino di generare surplus, un surplus che purtroppo ben presto si trasforma in scarto come testimonia l’innalzamento dei dati che nell’anno 2019 a livello nazionale contava ben 36 kg pro capite di prodotti sprecati, che in questi ultimi mesi sono sensibilmente aumentati, superando solo in Italia i 16 miliardi di cibo cestinato.
Su questo versante Agritettura ha individuato soluzioni innovative capaci di ridurre questo continuo spreco alimentare di prodotti freschi; analizzando tutta la filiera si individua proprio come la soluzione produttiva urbana, cosiddetta Urban Farming, possa essere una soluzione a questa necessità di smettere di abusare delle risorse idriche-ambientali massicciamente utilizzate in una produzione agricola tradizionale capace di avere un impatto pesante in termini di inquinamento e spreco.
E’ il tempo di guardare al futuro e Agritettura proprio in questo ha sviluppato un progetto, non solo tecnologico ma prima di tutto culturale, che inciderà positivamente dalla produzione, alla vendita fino all’esperienza d’acquisto della verdura.