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La natura resiliente risana le conseguenze dell’incuria umana




In questi ultimi giorni impazza in rete la notizia che il buco dell’ozono da record, circa 24,8 milioni di chilometri quadrati sull’Antartide, si sia chiuso a fine 2020. Si tratta del buco dell’ozono più grande e duraturo degli ultimi 40 anni, e la sua chiusura lascia ancora ben sperare per la salute del nostro pianeta.


Oksana Tarasova capo della divisione di ricerca sull’ambiente atmosferico dell’Omm, Organizzazione Meteorologica Mondiale, ha accentuato in molte delle sue interviste, la necessità di una forte e continua azione internazionale al fine di applicare il protocollo di Montreal.


Seppur la causa accertata di apertura di questo grande buco nell’Ozono sia stata di natura climatica e nello specifico a causa di un forte vortice polare, la forte volontà di Tarasova di applicare il protocollo di Montreal risiede nelle cause alla base dell’assottigliamento dello strato di Ozono e quindi della conseguente possibilità di lacerazione.


All’interno di questo trattato internazionale volto a ridurre la produzione e l’uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, in particolare i gas CFC o clorofluorocarburi, oltre che l’elenco delle sette categorie di alogenuri alchilici considerati responsabili dei danni allo strato di ozono, sono presenti piani di smaltimento o di eliminazione con precise scadenze temporali, tra cui la messa al bando totale entro il 2030.


Ciò su cui appare prioritario riflettere in questo momento è l’incidenza delle emissioni umane sul pianeta e sulle sue funzioni prioritarie.


Cause e conseguenze in ambito ambientale sono tendenzialmente portate a concatenarsi creando loop infiniti di danni che si riversano anche su ogni essere umano.


Alla luce di questo nuovo segnale di resilienza da parte della Natura, siamo ancor più chiamati ad intervenire per rompere gli anelli di questa catena, liberando l’intero pianeta e noi stessi dall’inquinamento.#AgritetturaforthePlanet

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